Lo sport è lecito nell’Islam? Per tutte e tutti? Ma che legame esiste fra la cultura islamica e lo sport? Anche nella stessa comunità musulmana poche persone saprebbero rispondere in modo adeguato a questa domanda.
Sembra che lo sport, già a partire dalla parola, sia un’invenzione tutta occidentale e che i paesi “illuminati” o meno dalla colonizzazione europea abbiano appreso dall’Occidente – assieme a tutto il resto – anche l’arte di passare il tempo libero mantenendosi in buona forma fisica e mentale. Fra i tanti studi condotti, il prof. Al Hassani www.MuslimHeritage.com ha preso in esame anche il mondo dello sport, per mettere in luce come molte attività sportive siano nate fuori dall’Europa. È il caso, ad esempio, del cricket praticato in India già dal 700 d.C. e del polo nato e giocato fin da tempi remoti in Persia e in Afghanistan come testimoniato da miniature e disegni di artisti locali. Il Profeta Muhammad amava la pratica sportiva, celebri le sue corse con la giovane moglie ‘Aishah, e con i suoi Compagni. Sono attestate le esortazioni del secondo califfo dell’Islam, ‘Umar ibn al Khattab, all’allenamento ed all’istruzione dei giovani al tiro con l’arco, al nuoto, all’ippica. D’altro canto, sulla base dei principi islamici i sapienti hanno frequentemente ribadito l’importanza della pratica sportiva, ad eccezione di quando può causare danni fisici.Allo sport, inteso quale attività di rafforzamento del fisico e della mente, la prospettiva islamica lega l’allenamento del carattere del giocatore per sviluppare qualità etiche come l’onestà, la condivisione, la generosità, la fiducia, il coraggio, l’altruismo.Dello sport si sono occupati, sapienti musulmani fin dai tempi più remoti: l’esperto andaluso di lingua araba ibn Sidah nella sua opera “al Mukhassis” elencò ben 42 nomi di discipline sportive; dopo di lui il celebre Ibn Manthur 1311 nel monumentale dizionario “Lisan al ‘arab” aggiunse all’elenco molti altri nomi di discipline e attività sportive, accompagnandoli con la descrizione dettagliata delle regole di gioco. Le cronache storiche riportano con frequenza l’interesse alla pratica sportiva anche da parte di califfi, sultani, condottieri, letterati e sapienti, in continuità con l’esempio profetico ed in applicazione della visione olistica dell’Islam, che mira al benessere umano in ogni aspetto dell’esistenza umana. Tutti praticanti uomini, perché occorre ricordare che non tutte le società arabe o musulmane permettono la partecipazione pubblica delle donne nei giochi sportivi.In questa prospettiva, cosa sostiene l’Islam modernista riguardo il binomio donna/sport? Non esiste un’interpretazione univoca. Per il profeta Muhammad, infatti, la disparità di giudizi (ikhtilāf) era «una benedizione per la Umma – comunità – islamica». Tuttavia esistono dei comportamenti consentiti e altri sconsigliati, e lo sport rientra nel primo caso a condizione di avere un’attitudine corretta. Vi sono però anche dei comportamenti legati allo sport e malvisti da gran parte della comunità islamica, come il mostrare il corpo in maniera eccessiva, l’essere fotografate o riprese in televisione. Nel caso della figura della donna sportiva nei paesi di fede musulmana, il discorso cambia in quanto non c’è una vera e propria regolamentazione religiosa, tutt’al più una serie di norme morali che variano da paese a paese – e dal loro modo di interpretare le norme stesse. Sempre più paesi islamici conservatori hanno aperto le loro frontiere allo sport agonistico, brillanti atlete che sfidano pregiudizi e stereotipi legati ad un’immagine di “sottomissione” che, nei fatti concreti, non trova riscontro, e certamente non presso le dirette interessate. In Afghanistan invece oltre allo sport è proibito ogni attività pubblica, un vero e proprio apartheid di genere che le Nazioni Unite chiedono a tutti gli Stati del mondo di denunciare e sanzionare.
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Nella foto Nawal al-Mutawakkil (Marocco) prima medaglia d'oro di una donna musulmana nei 400 ostacoli alle Olimpiadi di Los Angeles 1984