Il tappeto è tra i manufatti artigianali un emblema dell’arte della tessitura nella tradizione araba e islamica.
L’origine nomade fin dall’antichità di molte popolazioni asiatiche poi divenute musulmane, assegna al tappeto un ruolo chiave: sacca da viaggio da caricare sulla soma degli animali, si scuce e diviene elemento della tenda, dalle coperture agli ingressi, giaciglio, divano, divisorio, sorta di custodia dei propri beni mobili. La materia prima del tappeto, la lana, è offerta dagli animali compagni di viaggio, il cammello, la pecora o la capra. La tessitura dei tappeti è soprattutto arte delle donne che tingono la lana con i colori naturali estratti da fiori, bacche, insetti, radici con tecniche segrete che si tramandavano di madre in figlia; oggi si usano anche coloranti chimici, anche se c’è la volontà di rivalutare tecniche antiche. Ancestrali anche i disegni con colori e elementi caratterizzanti ciascun gruppo tribale, che delimitano con precisione il luogo dove il tappeto è stato realizzato.
Ogni città, regione, area geografica ha disegni specifici: le macroaree di provenienza sono Caucaso, Anatolia, Iran e Asia centrale. Il tappeto con l’avvento dell’Islam assume anche un carattere importante legato alla preghiera rituale. Il tappeto delimita lo spazio sacrale, il tappeto ha la funzione di delimitare uno spazio ben preciso, su cui genuflettersi a pregare. Il tappeto da preghiera (in arabo sajjāda) è usato durante le cinque preghiere giornaliere, se non si è in una moschea; il tappeto ha il potere di trasformare il luogo della preghiera in uno spazio sacro. Il tappeto da preghiera ha anche una funzione pratica, quella di indicare con il suo orientamento la direzione verso cui rivolgersi durante la preghiera, Mecca. Per questo i tappeti da preghiera hanno sempre un disegno direzionale, di solito il motivo architettonico di una nicchia, chiamata mihrab, come quelle che nelle moschee servono a indicare appunto la direzione della Mecca. È interessante notare che la dimensione “sacra” di una sajjāda è spesso accentuata dalla sua decorazione, che può contenere elementi simbolici; il più diffuso è il motivo della lampada che pende dalla cuspide del mihrab. Essa ricorda le lampade delle moschee e fa riferimento a un preciso brano del Corano, il versetto 35della Sura XXIV, detta della Luce (an-Nur).
Conosciamo tappeti da preghiera che presentano la raffigurazione di un “oggetto nero” che altro non è che la Ka’ba, il grande cubo nero che si trova al centro della principale moschea della Mecca, dove ogni buon musulmano dovrebbe fare un pellegrinaggio durante la sua vita, e che contiene all’interno la pietra nera. Uno di questi tappeti, preziosissimo, tessuto in seta e fili d’argento, è conservato al Museo degli Argenti di Firenze e fa parte dei beni della Guardaroba Granducale di Palazzo Pitti (1).
Nell’immaginario collettivo il tappeto volante arabo è popolarissimo, mezzo di trasporto fantastico per andare istantaneamente in luoghi lontani nelle fiabe delle Mille e una notte. In realtà non vi è quasi mai citato; si trova nella fiaba Storia del Principe Ahmed e della Fata Pari-Banù e in diverse versioni non originali di Aladino e la lampada meravigliosa. Grande fama ha uno dei personaggi principali della serie Disney dedicata ad Aladdin, Tappeto Magico amico di Genio. Il tappeto volante compare nella mitologia persiana ed araba, e si ritrova anche nel folklore russo di Baba Jaga. Il paese che ha dato maggior fama e lustro all’arte della tessitura è la Persia/Iran. I meravigliosi disegni, le preziose tessiture in lana e seta, la perfezione dei millimetrici nodi, esaltano l’abilità millenaria dell’artigianato persiano, capolavori ammirati nei principali musei del mondo, produzioni contemporanee che vivificano il sapere di una cultura raffinata elegante e immaginifica.
1) cfr Alberto Boralevi, Il tappeto come suolo sacro. Importanza del tappeto per le grandi religioni monoteiste. Dal Catalogo della Mostra; Suolo Sacro, Tappeti In Pittura, XV – XIX Secolo, Galleria Moshe Tabibnia, Milano 2016 .
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