La passione per il giardino è sempre presente in tutte le epoche della civiltà musulmana. Il giardino islamico è la metafora di tutto l’Islam, racconta l’idea del Paradiso coranico, e ne costituisce il modello etico-estetico.

Le miniature restituiscono l’immagine dell’epoca d’oro dei giardini islamici, che rivivono in molte versioni contemporanee, ricordando quanto l'acqua, i fiori e le piante siano ancora oggetto di cura, attenzione e godimento. Dopo il giardino arabo persiano e turco è la volta del giardino moghul. L’impero Moghul fondato nel 1526 in India da Babur sulle rovine del sultanato di Delhi, durò fino al 1858. Discendente di Tamerlano, ossia Tīmūr Barlas il condottiero mongolo che tra il 1370 e il 1405 conquistò larga parte dell' Asia centrale e occidentale, fondando l'impero timuride, Babur rivendicò i territori indiani già occupati dall’avo.

La vittoria di Panipat nel 1526 sull’esercito di Ibrahim Lodi segnò l’inizio dell’impero Mughali che si estendeva sui territori attuali di India Pakistan Bangladesh e Afghanistan. Qui sorsero in epoca moghul una grande quantità di giardini di questa tipologia, diversi dai modelli centroasiatici soprattutto per la particolare cura della disposizione geometrica. Il disegno dei giardini moghul deriva dal giardino islamico medievale, ma il fondatore dell’impero Babur descrisse il chahar bagh ossia il giardino quadrilatero di tipo persiano come la propria tipologia di giardino preferita. Nel subcontinente indiano il termine assunse nuovi significati rispetto alle precedenti interpretazioni, poiché, come Babur stesso spiegava, proprio in India mancavano i corsi d'acqua a scorrimento veloce richiesti dai chahar bagh esistenti in Asia Centrale. Il primo esempio indiano sembra essere il Ram Bagh ad Agra.

La creazione di giardini entrò nel novero delle attività preferite dalla corte. Nel Baburname, il libro miniato che racconta la vita di Babur, le splendide miniature restituiscono immagini di un giardino cintato che mette al riparo dal caos del resto del mondo. L’imperatore Akbar fece costruire diversi giardini a Delhi, la sua nuova capitale; qui i giardini si affacciano sul fiume e non sono racchiusi in una fortificazione. L'erede di Akbar, Jahangir edificò i famosi giardini Shalimar e divenne famoso per l’amore verso i fiori. Durante il regno di suo figlio Shah Jahan si raggiunse l'apice dell'architettura e del design floreale. Shah Jahan costruì il Taj Mahal l’enorme complesso funerario voluto per celebrare la memoria della sua moglie favorita, Mumtaz Mahal. Fu anche promotore della costruzione del Forte Rosso di Delhi, che ospita il giardino del chiaro di luna, un giardino serale con gelsomini a schiusa notturna.

I padiglioni all'interno del giardino sono rivestiti di marmo bianco, di modo tale da riflettere il bagliore della luna piena. I marmi dei giardini reali sono intarsiati con pietre semipreziose a guisa di motivi floreali strettamente intrecciati: la figura più ricorrente in queste decorazioni è quella del tulipano, adottato da Shah Jahan come proprio simbolo personale. I riferimenti coranici al Paradiso venivano riprodotti nell'architettura, nella disposizione e nella scelta delle piante; comparivano però giustapposti anche numerosi riferimenti secolari, I Moghul erano amanti dell’astrologia, dell’astronomia e numerologia e inserirono spesso riferimenti simbolici all'interno dei propri giardini. I numeri otto e nove erano considerati dai Moghul di buon auspicio ed erano quindi spesso rintracciabili nel numero delle terrazze o degli elementi architettonici all'interno dei giardini, come ad esempio le piscine ottagonali.

Gli elementi di origine turco-mongola nel giardino sono da collegare alla presenza di tende, tappeti, e baldacchini, evocando le origini nomadi della dinastia. Le tende indicavano infatti in quel tipo di società lo status sociale; il benessere ed il potere erano ostentati dalla ricchezza dei tessuti, dalle dimensioni e dalla quantità dei tendaggi.

Giuliana Cacciapuoti - esperta in cultura islamica e del mediterraneo

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