“Per l’abitante della città ottomana non sembra esserci felicità senza la contemplazione di un pezzo di natura che nessun giardino artificiale potrà sostituire.”

Non esiste una tipologia unica di giardino islamico, ma esistono i giardini del mondo islamico, nati da influenze, origini e culture preislamiche diverse; dopo il giardino arabo e quello persiano, ecco il giardino turco. Quando il mondo turco-mongolo irrompe nella storia dell’impero musulmano, la cultura e le tradizioni islamiche inglobano le usanze delle nuove popolazioni. I Turchi Selgiuchidi e poi Ottomani conquistano l’Anatolia e i paesi circostanti fino all’Egitto, anche a causa del declino dell’Impero bizantino. Il giardinaggio turco contemporaneo affonda le sue radici nello stile di giardinaggio ottomano, e ancora oggi in Anatolia, la parte asiatica della Turchia, ci sono magnifici spazi verdi anche tra le trafficate strade cittadine, e le tecniche di giardinaggio usate risalgono a quell’epoca.

L’Impero Ottomano dal XVI al XVII raggiunge il suo apice con Solimano il Magnifico, diviene un'entità multietnica, multireligiosa e multiculturale, suun immenso territorio, esteso dai confini meridionali, fin quasi alle periferie di Vienna e Polonia a nord, fino allo Yemen ed Eritrea a sud; dall' Algeria a ovest e all’Azerbaigian a est, controllando la quasi totalità dei Balcani, Africa del Nord e Levante. La caratteristica principale dello stile di giardino ottomano assomiglia il più possibile alla natura, con pochi interventi artificiali; include i ruscelli naturali e le fonti d'acqua già presenti nell’area, dove dalla frutta alla verdura alle aiuole, tutto cresce in maniera spontanea. Caratteristica peculiare nel giardino turco è l'enorme padiglione da giardino che si fonde con il giardino stesso.

La costituzione del giardino non aveva lo scopo di ricreare artificialmente un luogo di sogno, ma instillare il piacere per la natura dalla natura stessa. Erano i luoghi e le piante esistenti a trasformarsi in angoli di paesaggio da contemplare, senza aggiungere strutture architettoniche che lo modificassero o lo dominassero. Ogni luogo poteva diventare un giardino, in qualsiasi momento, attraverso i mesire ossia spazi-accampamento temporanei che intere famiglie e comitive di amici occupavano per ore, a volte per giorni, innalzandovi tende.La vivibilità dell’ambiente esterno e la passione naturale è trasversale a tutti i giardini islamici, ma nel mondo ottomano si sviluppa con proprie unicità.

"L’edonismo ambientale” ottomano si basa su una serena contemplazione: basta trovare una seduta, un angolo di un prato dove ci si possa sedere, riposare, cantare e mangiare, ma con una precisa attitude per godere del contesto: “la lentezza dei movimenti e il sedentarismo nella vita associata, la compostezza, il senso di quiete e l’amore del silenzio sono fattori comportamentali che incidono non poco sul senso dello spazio e sulla scelta dei luoghi e delle forme nella civiltà ambientale degli ottomani. Tutto poteva diventare giardino: “Un cortiletto pavimentato può esprimere lo stesso sentimento per lo spazio naturale di un giardino di rose e di cipressi, perché in ambedue l’apertura verso il paesaggio, i legami con sedili e chioschi sono gli stessi.“

La città infatti si relaziona e dialoga continuamente con il contesto, determinando una forma urbana aperta: non esistono precisi confini che la dividono dalla campagna, non è una città murata, diventa irregolare e funzionale a una vita di rapporto con la natura. Sembra avere una mancanza di struttura, in quanto noi la guardiamo con una logica razionalizzante e sbagliata: “In questo senso la cultura ottomana contiene elementi asiatici più che mediorientali, resta distante dalla concezione spaziale dell’Europa mediterranea più di quanto non lo siano le architetture araba e persiana.”

È la massa verde, la città-giardino di Samarcanda voluta da Tamerlano: pioppi e alberi piantati secondo il colore delle foglie e il loro profumo, tanto che, si racconta, sembra di camminare in una foresta con una città adagiata nel mezzo. L’amore turco per i fiori, ma soprattutto per gli alberi, le regala una veste non per forza esuberante e colorata, ma verde, con una natura onnipresente. Ogni cortile ha una pavimentazione che lascia spazio a un albero. Interno ed esterno si fondono. È l'eredità del nomadismo delle praterie, con padiglioni aperti, effimeri e removibili, case con vista senza recinzioni e limiti, dove il giardino nasce da un’epifania interiore, in ogni angolo.

L’ispirazione di questo testo e la citazione iniziale sono tratte da “Il giardino islamico: Architettura, Natura, Paesaggio” a cura di Attilio Petruccioli.

Giuliana Cacciapuoti - esperta in cultura islamica e del mediterraneo

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