"Internazionale" ha pubblicato un articolo, e la notizia è stata commentata su Io Donna CdS dalla direttrice sabato 23 settembre, che informa sul divieto in Francia di indossare a scuola l'abaya per le donne o il quamis per gli uomini; si tratta di abiti lunghi tradizionali nei paesi del Golfo.

Il testo osserva che il successo del modest fashion presso le giovani musulmane rischia di innescare processi strumentali. Nonostante alcune trappole ideologiche sempre possibili, occorre sempre difendere la libertà delle donne di agire sul proprio corpo, in ogni latitudine, evitando nel caso specifico di trasformare l'abito alla moda in un manifesto religioso o passaporto per una visione integralista dell'Islam, rischiando una china pericolosa. L'abaya è un abito molto usato nella "modest fashion" più status symbol se indossi "Dolce&Gabbana capsule" che un simbolo identitario. A margine delle polemiche presenti nel dibattito pubblico italiano, contestare l' abaya che copre il corpo e lo nasconde contraddirebbe le dichiarazioni: "per non essere molestata devi coprirti". La verità, quando si acuiscono ed esasperano disparità economiche e sociali, coinvolge i corpi delle donne, diventano oggetto di disputa, con buona pace di autodeterminazione e autonomia. Io sono mia, non a caso è lo slogan del femminismo, unica rivoluzione riuscita del Novecento.

Giuliana Cacciapuoti - esperta in cultura islamica e del mediterraneo

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