Wadjda è una bambina intelligente e vivace, vive a Riyad, in Arabia Saudita, con la madre e il padre, entrambi molto tradizionalisti. 

Frequenta una scuola esclusivamente femminile ma gioca di nascosto dopo gli impegni scolastici per strada usando la bicicletta del suo amico Abdullah. Un giorno Wadjda vede una bicicletta verde nella vetrina di un negozio, la desidera moltissimo ma la famiglia non può e non vuole comprarla - una bicicletta è pur sempre una cosa da “maschio”- allora la bambina stringe un patto con proprietario del negozio che le terrà da parte la bicicletta finché non avrà trovato la somma per riscattarla. Cominciano così i tentativi di Wadjda di raggranellare delle piccole somme, trovando non pochi ostacoli nella realizzazione del proprio desiderio di libertà.

Il mondo che la circonda, compresa sua madre, osservano i suoi sforzi, ma sono convinti che sia sconveniente per una bambina possedere una bicicletta, e poi i problemi della vita quotidiana della famiglia, la dipendenza della mamma da un autista svogliato e indisponente per andare la lavoro - alle donne saudite all'epoca del film era vietato prendere la patente - l'assenza del padre che forse ha sposato una seconda moglie, perché in Arabia Saudita vige la poligamia, fanno passare in secondo piano i desideri della piccola. La gara scolastica annuale di conoscenza a memoria del Corano, con un premio in denaro di 1000 riyal, dona una speranza a Wadjda che pur non eccellendo in questa materia vi si dedica con tutta se stessa…Una storia di una bambina, di una madre e di una bicicletta in cui la regista, Haifaa Al-Mansour, racconta il suo paese e la vita degli uomini e delle donne, l'oppressione, le diseguaglianze e le ingiustizie della società saudita.

"La bicicletta verde” che dà il titolo alla pellicola girata nel 2012 è un simbolo di emancipazione e di libertà. Wadjda la desidera talmente tanto da sfidare il mondo che la circonda, in maniera audace e caparbia, fino a influenzare e a far vacillare perfino il tradizionalismo introiettato dalla madre. Un desiderio spontaneo e puro che mette in moto, con meccanismi involontari e gentili, una piccola rivoluzione.Haifaa Al-Mansour, è la prima donna a ricoprire il ruolo di regista, una figura rivoluzionaria, in un paese che non ha sale cinematografiche e in cui il cinema trova spazio solo nell’ambiente domestico.È un film toccante e coinvolgente, ironico e gioioso. Ha ricevuto il patrocinio da Amnesty Italia per i temi trattati e per il racconto sincero, disincantato e umoristico della condizione della donna in Arabia Saudita.

Giuliana Cacciapuoti - esperta in cultura islamica e del mediterraneo

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