Sono i libri i film e la musica a mantenere viva la resistenza civile del popolo palestinese, espressione di una società marginale, che non si riconosce più nei partiti politici, e non si dichiara sconfitta di fronte all’occupazione. L’hip hop è un canale di espressione che ha diffusa e piena cittadinanza. Ettijah è l’unico collettivo hip-hop femminile di tutta la Palestina.
Per tradizione la scena rap e hip-hop mondiale non brilla per inclusività la si accusa di maschilismo, testi misogini e violenti contro le donne connotano questi movimenti musicali. Dalya Ramadan, Nadin Odeh and Diala Shaheen sono invece ragazze, e si fanno notare. Residenti nel campo profughi di Dheisheh amministrato dall’Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNRWA) vivono in Cisgiordania. Suddivisa in tre zone di giurisdizione dopo gli Accordi di Oslo II, zona A sotto totale controllo dell’Autorità nazionale Palestinese, zona B a controllo misto e zona C sotto controllo israeliano, con l’insediamento del governo ultra conservatore in Israele e una conseguente ondata di violenza si è scatenata contro i palestinesi a Gerusalemme e proprio in Cisgiordania, particolarmente a Jenin e zone limitrofe dove le nostre risiedono, e la difficoltà di comunicazione rende dunque difficile aggiornarsi sulle loro attività e ascoltare le ultime composizioni. L’inizio della loro storia si incrocia con le attività delle ONG. In Palestina questi programmi sono importanti per le donne. Il tasso di alfabetizzazione della Palestina, per esempio era del 96,3% (dati Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite/UNDP 2014), con una differenza di genere nella popolazione di età superiore ai 15 anni. Grazie a programmi mirati il tasso di analfabetismo femminile del 20,3% nel 1997 è diventato del 5,9% nel 2014 con interventi di educazione e progettazione solo per le donne, come il corso organizzato da Musicisti senza frontiere che ha accolto Dalya Nadin e Diala. Sono solo tre bambine quando iniziano a frequentare le attività organizzate con lo scopo specifico di renderle consapevoli del loro potenziale. Si uniscono in un gruppo di nove ragazze e si chiamano Shuruq( Il chiarore dell’alba, in arabo), poi nel 2013 inizia la loro avventura personale, rimangono in tre e decidono di chiamarsi Ettijah, la direzione, come mostra il loro logo discografico. Usano i testi e la musica come forma di resistenza e resilienza, per parlare di politica, urgenze sociali, diritti delle donne e ogni tema scottante che tre giovani nella Palestina occupata, affrontano ogni giorno. Le tre ragazze hanno capito che musica e rap permettono di esprimere al meglio i loro pensieri e le loro istanze. Ettijah indica alle ragazze palestinesi la strada dell’empowerment, della capacità a far sentire le proprie voci. I testi delle loro composizioni rivelano speranza e concretezza.I versi di la mia Patria (Watani) Libertà, Espulsione, Senza barriere(Bala Hodod ), rivelano sentimenti e sensazioni molto netti, che le ragazze raccontano in prima persona; il documentario “Music for Goods” premiato dal Best Shorts Competition con l’Award of Exellence /Video for Social Change, girato da Nour Abu Kamal y Tamara Abu Laban e prodotto da Katrine Dermody e Japhet Weeks, per Doha Debates, le ritrae nella vita quotidiana e creativa.
“Viviamo come se ci mancasse l’aria, parlare scrivere e cantare ci offre la speranza che il nostro messaggio arrivi forte e chiaro”.
Questa sensazione è insita in chi vive nei Territori occupati, senza sbocchi a mare o sul fiume Giordano, circondati da muri e check-point. Le tre ragazze vivono, camminano, studiano e si incontrano lungo strade delimitate dal muro di separazione con Israele, non ingentilito, ma almeno ricoperto da murales e immagini emblematiche: non è un caso che alle loro spalle in un fermo immagine appaia George Floyd, morto soffocato dalla polizia texana su un marciapiede.
I testi in arabo sono semplici e chiari” Mi sveglio al mattino e mi guardo nello specchio, vedo una ragazza che vive e si emoziona, è diversa da me, la guardo fisso dalla testa ai piedi. Mi chiede: Sai dire qual è la differenza? Io sono la tua vita, i tuoi sogni, tutto ciò che desideri. Tutto quello che i tuoi occhi vogliono vedere. Forza, rilassati e dimenticati delle ansie. Io chiudo gli occhi e ritornano le immagini delle ingiustizie intorno a me, alla realtà che limita i miei movimenti e i miei pensieri. Desidero che la mia vita sia imprigionata in uno specchio. Mi piacerebbe spaccarlo in mille pezzi, senza esitazione, ma la mia nur, la mia luce, è quella che si è rotta nello specchio. Nessuna eco, nessun suono, frughiamo la speranza tra la morte, e il sole canta con noi”.
Cantano e rappano quello che accade a ragazze rifugiate in un campo profughi, che con il rap vogliono far aumentare la consapevolezza della questione palestinese, e loro stesse nate sotto occupazione, non conoscono altra realtà. Senza che nessuno glielo abbia insegnato hanno imparato che la prima regola da rifugiate è che non si deve aver paura: degli attacchi notturni, delle pallottole, degli arresti, delle armi: è la quotidianità. Altra caratteristica delle loro vite racconta l’attesa del permesso per uscire dal campo profughi, l’incertezza sui propri spostamenti. Le canzoni raccontano la proibizione di spostarsi sul proprio territorio, degli espropri delle abitazioni da parte dei coloni, della resistenza e la difesa delle proprie case da parte dei proprietari, la diplomazia ipocrita e falsa che non tutela i diritti della nazione palestinese e la opprime in nome della democrazia.
Un altro tema importante per Ettijah è costituito dalle radici. Racconti, ricordi, fotografie conservate sui loro notebook e smartphone non spezzano il legame con le nonne che, a loro volta conservano le fotografie e stringono nelle mani le chiavi di case distrutte o confiscate.
La forza e la consapevolezza e il coraggio di superare i confini per uscire fisicamente dai territori occupati, si accompagna alla volontà di superare spezzare pregiudizi e resistenze della società palestinese nei confronti delle ragazze che fanno rap e esprimono liberamente le loro idee e sentimenti. Per questo motivo Ettijah organizza seminari e incontri per altre ragazze potenziali rapper. Le tre artiste sono ben consapevoli che il ruolo dei media è cruciale e il rap, stile che dà voce ai bisogni e alle proteste della gente, è un veicolo potente di informazione denuncia e aggregazione. Ci si identifica e ci si riconosce nei loro versi, hanno l’ ambizione di mutare l’opinione pubblica palestinese a favore delle donne e del rap. Meno polemiche inutili, più rispetto più attenzione a ciò che vogliamo e più diritti per le ragazze, canta Ettijah.
Palestina
https://dohadebates.com/video/raising-their-voice-ettijah/
https://soundcloud.com/ettijahband 2013
Profili, memorabili donne musulmane a cura di Giuliana Cacciapuoti
Ritratti di donne diverse per nazionalità e “peculiarità” nel loro contesto culturale per accendere una luce sul mondo musulmano contemporaneo con uno sguardo di genere. Figure note nel mondo musulmano ma non al pubblico italiano; rappresentano aspetti molto diversi del mondo islamico, spunto per il dibattito e la riflessione.